Il ricordo di
Guido dalle parole pronunciate durante le esequie dal Presidente del Circolo Giuseppe Gottardi.
Nessun uomo è un’isola,
completo
in sé stesso;
ogni uomo
è un pezzo del continente,
una parte
del tutto.
Se anche
solo una zolla
venisse
lavata via dal mare,
l’Europa
ne sarebbe diminuita,
come se le
mancasse un promontorio,
come se
venisse a mancare
una dimora
di amici tuoi,
o la tua
stessa casa.
La morte
di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io
sono parte dell’umanità.
E dunque
non chiedere mai
per chi
suona la
campana:
suona per
te.
Apro con le parole
del poeta John Donne questo ricordo per il nostro amico Guido.
In questi ultimi
dieci anni il Circolo Culturale “Quei del martì” così denominato perché
di martedì, questo gruppo di medici si incontrava, ha subito tre grandi
perdite. Nel 2002 Gian Pio Adami, il nostro primo presidente, nel 2010
Paolo Setti ed oggi Guido Fait.
Tre fondatori, tre
colonne portanti, la cui partenza per impegni superiori, benché ci abbia
indebolito, ci spinge tuttavia all’impegno costante e continuo ed anche
al mantenimento della memoria storica di questi nostri amici prima che
colleghi.
Tutti e tre, ne siamo
sicuri, sono in questo momento incaricati di nuove incombenze. Se
GianPio è nell’ufficio dei Santi medici Cosma e Damiano per la revisione
dell’informatica celeste e se Paolo è assistente del santo medico
Francesco Moscati con l’incarico di farci intuire che “la scienza ci
promette il benessere e tutto al più il piacere, ma è la religione e la
fede che ci danno il balsamo della consolazione e la vera felicità, che
è una cosa sola con la moralità e col senso del dovere”, possiamo
sicuramente immaginare Guido al servizio di Madre Teresa di Calcutta.
Come scriveva Thomas
Merton: «Ciascuno di noi ha una sua vocazione. Tutti siamo chiamati da
Dio ad avere parte nella Sua vita e nel Suo regno. Se siamo chiamati nel
posto in cui Dio vuole fare il massimo bene, significa che siamo
chiamati dove possiamo meglio lasciare noi stessi e trovare Lui».
Se è vero che ogni
professione è più o meno direttamente rivolta al servizio del prossimo,
non si può negare che le professioni educative e quelle sanitarie, tra
le quali quella medica in particolare, si pongono più strettamente e,
direi, più intimamente al servizio della persona umana.
Ed è in questo ambito
che si staglia la figura, la persona di Guido. Nel suo interesse per gli
ultimi. Un interesse che è stato esercitato sia in ambito istituzionale
durante il periodo trascorso come consigliere comunale, sia nella sua
specifica attività di medico nel mettersi a disposizione della Caritas
per coprire le innumerevoli richieste di aiuto. Con le realtà pesanti
della tossicodipendenza e delle malattie ad essa correlate. Ma senza
tralasciare l’impegno con tutti i suoi pazienti che qui testimoniano la
sua grande umanità.
In questo campo
giungono efficaci le parole del Beato Giovanni Paolo II quando si
rivolgeva ai medici: «Voi sapete quale stretta relazione esiste, quale
analogia, quale interscambio tra la missione del sacerdote da una parte
e quella dell'operatore sanitario dall'altra: tutti sono dediti, a
diverso titolo, alla salvezza dell'uomo, alla cura della sua salute, a
liberarlo dal male, dalla sofferenza e dalla morte, a promuovere in lui
la vita, il benessere, la felicità».
E tutto ciò avviene a
prescindere dalla qualità della propria fede. Chi si inchina davanti a
un malato applica sempre il precetto evangelico: “ero malato e mi avete
visitato.”
E Guido era più che
convinto che la perizia scientifica e professionale, pur indispensabile,
non è sufficiente a portare autentico sollievo alla sofferenza degli
infermi, se separata dalla cura amorosa e dall'annuncio del vangelo
della vita.
Questo deve servire
anche a noi, qui riuniti nella mestizia ma anche orgogliosi di essere
stati considerati suoi amici.
Ora il nostro gruppo
sembra disunito, appare ridimensionato, ma in verità questo è valido
solo per chi non ha occhi per vedere.
Non siamo ridotti,
abbiamo solo aperto una filiale di Quei del Marti in Paradiso.