Il ricordo di
Paolo dalle parole del Presidente del Circolo Giuseppe Gottardi.
“Se uno sogna da solo è soltanto un sogno ma quando tanti uomini sognano
la stessa cosa il sogno diventa realtà”
È con queste parole
di Mons. Helder Pessoa Camara, arcivescovo di Recife in Brasile, uno dei
teologi della “Teologia della Liberazione”, uno dei temi caldi e cari al
compianto Paolo Setti, con cui intendo aprire sia questo ricordo, sia il
progetto futuro.
Nel ormai lontano
martedì 31 maggio del 1988, un gruppo di medici; gli attuali, in ordine
alfabetico: Bruseghini Renzo, Citroni Roberto, Conzatti Albano, Fait
Guido, Foresti Franco, Lovisi Andrea, Senter Mauro, e Tardivo Rino con
gli assenti per motivi superiori: Adami Gian Pio e Setti Paolo,
costituirono un Circolo a carattere culturale denominato "QUEI DEL
MARTI", perché proprio di martedì era stato programmato l’incontro
settimanale.
Una scelta fatta,
data la difficoltà all’inizio della loro attività di medici, per avere
un punto d’incontro nel quale, dopo estenuanti giornate lavorative,
trovarsi per condividere idee, esperienze, gioie e sofferenze.
Il Circolo aveva ed
ha lo scopo di promuovere attività culturali per il miglioramento della
professione e della assistenza medica nonché‚ la mutua solidarietà tra i
soci e la beneficenza ad enti o privati bisognosi.
Negli anni le
attività del Circolo sono state molteplici sia nel campo
dell’aggiornamento professionale, dell’attività pubblicistica ed
editoriale, del contributo al miglioramento della salute pubblica.
Principale motore si
rivelò il primo Presidente, Dott. Gian Pio Adami, che nella sua
lungimiranza, avviò egli per primo il programma informatico che oggi
viene considerato il fiore all’occhiello anche nella nostra realtà.
Successivamente il
Circolo crebbe, e nel numero di soci e nelle aree di comunicazione,
anche con l’incontro, in diverse occasioni, con i medici specialisti sia
ospedalieri che sul territorio.
Disgraziatamente, il
10 febbraio 2002, il dott. Gian Pio Adami ci lasciava improvvisamente
per “impegni inderogabili” ai quali doveva far fronte. La sua morte, ci
lasciò sì orfani di questa splendida figura ma nel contempo già, sempre
da lui, attrezzati a far fronte alle avversità.
Il Circolo si
raccolse ed in poco tempo, con l’aiuto di tanti gentilissimi pazienti di
Gian Pio, produsse, nei primi mesi del 2004 il libro che tanti
ricordano: “Caro Gian Pio, l’uomo, il medico, l’amico”.
Era una raccolta di
pensieri, emozioni, manifestazioni di stima ed affetto di tanti suoi
pazienti che avevano apprezzato e goduto della sua disponibilità.
Fu un lavoro lungo e
difficile che si concretizzò, dobbiamo ammetterlo, solo grazie alla
caparbia ed encomiabile volontà del nostro
amministratore/tesoriere/factotum dott. Mauro Senter.
Nel frattempo, dalla
metà degli anni novanta anche la posizione del socio Paolo Setti era
diventata difficile. Per motivi di salute, il dottor Setti si era dovuto
allontanare un po’ dall’Associazione, abbandonando anche la sua passione
per la medicina. Il dottor Setti era stato uno dei promotori della
sezione Aido locale. In poco tempo, da Rovereto essa si era allargata
fino a Trento, per poi coprire tutto il Trentino. Aveva anche ricoperto
la carica di presidente provinciale Aido. «Era un medico di grandissima
umanità - racconta un suo carissimo amico - riusciva a instaurare un
rapporto profondo con il paziente, tanto quasi da instaurare un rapporto
personale. Gli piaceva curare gli aspetti umani della persona.» Era
stato anche nel consiglio parrocchiale di Santa Maria, ed anche
consigliere comunale. Poi, causa la malattia, si era ritirato a vita
privata.
La sua situazione
esistenziale e la malattia che lo aveva colpito, misero a dura prova le
capacità relazionali del Circolo che tuttavia non mancò mai negli
stimoli e nelle proposte all’amico.
Scelte difficili che
riuscirono però a mantenere i legami fra tutti.
Il 12 novembre 2010,
ci ritrovammo orfani per la seconda volta. L’amico Paolo ci aveva
improvvisamente lasciati ed anche questa volta il ricordo della sua
disponibilità nel nostro Circolo fu di stimolo per questo nostro attuale
impegno.
La memoria di Paolo
era ed è stampata nei nostri neuroni e non siamo disposti a lasciarla
sbiadire come spesso accade in altre realtà che ci circondano.
Ci siamo incontrati
diverse volte nel corso di quest’ultimo anno, funestato anche dalla
partenza del nostro amico Nino Senter, papà di Mauro e splendido
anfitrione di noi poveri ed affamati medici di base, per progettare
soluzioni, con lo scopo di ricordare il medico e l’amico e sul tavolo si
sono accumulate diverse possibilità.
Alla fine abbiamo
scelto quella che oggi Vi presentiamo.
La motivazione non è
lunga da spiegare: è tutta nell’anima e nella vita di Paolo Setti. Un
medico che potremmo definire “atipico” perché motivato, non solo dalla
sua grande professionalità ma soprattutto dalla sua grande umanità.
Durante il corso
universitario, i medici affrontano molti esami ma tra questi ve n’è uno
che non essendo obbligatorio molti non fanno. È l’esame di Psicologia
Medica. Eppure questa materia non studia soltanto i disturbi dei
pazienti nella loro relazione con l’ambiente, la società e la vita ma
anche l’importante rapporto che i medici devono avere con i loro
pazienti e con la loro sofferenza. Qui s’impara a sopportare
l’insopportabile dolore proprio e dei propri pazienti. S’impara a
convivere con la malattia, con la perdita e con la rimozione della
perdita. Il medico di famiglia deve superare tante insidie ed una delle
più difficili è proprio quella di dover condividere il dolore. Se non ci
riesce la sua sofferenza diventa insopportabile e la sua capacità di
assorbire si annulla.
Molte volte ho
parlato, ne abbiamo parlato, con Paolo di questo problema ma la sua
estrema sensibilità non gli permetteva di venire a patti con tutto il
male che ogni giorno incontrava; quel male che, alla fine, corrose le
sue difese.
Ma tutto questo non
ci deve preoccupare perché abbiamo molti esempi di colleghi che hanno
messo tutto a disposizione. Fra tutti ci piace ricordare Sandro
Bartoccioni, noto a livello internazionale per la sua tecnica
cardiochirurgica
del
bypass coronarico,
e, a livello nazionale, per aver fondato e diretto il reparto di
cardiochirurgia dell’Ospedale
Silvestrini di
Perugia
fino al 2001. Egli ha trascorso gli ultimi anni della sua vita
raccontando il rapporto tra sé e la sua
malattia
terminale, che lo avrebbe portato alla morte nel 2006,
denunciando la scarsa qualità dell’assistenza sanitaria ai malati gravi.
Ci ha lasciato queste parole che andrebbero esposte in ogni ambulatorio:
“ Non è importante
quanto si vive... le farfalle vivono un solo giorno... è importante come
si vive… se si è amato, se siamo stati amati, se amiamo… se le ali della
vita sono state variopinte, intense… in modo che rimangano per sempre.”
Ed ora, questo
progetto, che verrà illustrato dal collega Mauro che per noi è molto
importante. Sarà un segno oltre il mare e anche se si tratta solo di un
piccolo segno ci confortano le parole di un fulgido esempio di santità.
Le parole di una persona che anche l’amico Paolo teneva in grande
considerazione e che, ne siamo sicuri, lo ha accolto nel meraviglioso
luogo dov’egli ora si trova.
Le parole di Madre
Teresa di Calcutta:
"Quello che facciamo
è soltanto una goccia nell'oceano.
ma se non ci fosse quella goccia
all'oceano mancherebbe."